THE END






P.S. : Quel che ci restava da fare l’abbiamo fatto. Ecco la classifica aggiornata.
Alessandro Del Piero (Juventus): 290
Giuseppe Meazza (Inter): 288
Francesco Totti (Roma): 270
Angelo Schiavio (Bologna): 252
Gunnar Nordahl (Milan): 221
Kurt Hamrin (Fiorentina): 209
Alessandro Altobelli (Inter): 209
Gigi Riva (Cagliari): 207
Omar Gabriel Batistuta (Fiorentina): 206
Giampiero Boniperti (Juventus): 182

Ma è davvero così brutto questo finale?

Capisco gli juventini, che non vorrebbero mai vedere la fine della carriera di Del Piero nella loro squadra. Tutti vorremmo che i grandi amori non finissero mai, ma l’eternità non è un’alternativa, per i vivi. Capisco i media, per i quali la polemica sul rinnovo del contratto è un buon argomento di discussione e di mobilitazione dei lettori/spettatori, in mancanza di meglio. Capisco meno che tutto il baccano sia partito in seguito a un paio di gol del nostro campione, come se ci fosse bisogno di una conferma, un’altra, l’ennesima, nel 2012, della sua grandezza.

Ma sforziamoci di guardare l’altro lato della medaglia. Vediamo perché questo maggio 2012 è il momento perfetto per l’addio di Del Piero alla maglia juventina. Perché questo momento è davvero ideale, se solo guardiamo qualche dato di fatto, al di là dei sentimenti, che rendono (per fortuna) un po’ ciechi.
Il primo dato è banale, eppure enorme: la Juventus ha appena vinto lo scudetto. Dopo anni ed anni di sofferenze, brevi autunni illusori e lunghe primavere malinconiche, i tifosi juventini hanno festeggiato un trofeo, il cui valore va al di là dell’albo d’oro. Significa ristabilire una gerarchia, riprendere il proprio posto, tornare ad immaginare il confronto con le big europee e non con l’Udinese o il Palermo, con tutto il rispetto. E Del Piero è il simbolo della storia della Juventus, che allaccia questa vittoria a quelle passate, che raccoglie in sé il senso di un percorso.
Il secondo dato è tutt’altro che scontato: Del Piero è stato importante in tutto questo. Ha segnato il gol decisivo contro la Lazio, ha chiuso la partita contro l’Inter e in altre occasioni ha dato il suo contributo, pur partendo spesso dalla panchina. A un certo punto dell’inverno, il suo ruolo pareva diventato molto più marginale, e forse, se Conte avesse trovato una coppia d’attacco affidabile in termini di gioco e di gol, lo sarebbe stato fino in fondo.
Il terzo dato è quasi provvidenziale: c’è un’occasione perfetta per trasformare un addio vincente in trionfale, ed è la finale di coppa Italia del 20 maggio. Del Piero avrà la possibilità di alzare un ultimo trofeo, nel giorno della sua ultima partita nella Juventus, in una competizione in cui è stato certamente decisivo, sia nei quarti che in semifinale. Se lo fosse anche in finale, saremmo di fronte alla trama di un film, quindi non osiamo sperare tanto.

C’è tutto per rendere questo addio perfetto, per quanto perfetto può essere un addio. Non era detto che andasse così, e non è detto che andrebbe così, ad esempio, l’anno prossimo. Sicuramente la Juventus in estate rinforzerà il suo reparto avanzato, e i “concorrenti” di Del Piero, anziché Matri e Quagliarella, potrebbero chiamarsi Suarez e Dzeko. Mentre lo stesso Del Piero, spiace rivelare una brutta notizia, avrà un anno in più. Non è improbabile uno scenario in cui Del Piero verrebbe messo ai margini della squadra, con un posto più in tribuna che in panchina, con apparizioni scarse e difficilmente decisive. E le polemiche ci sarebbero di nuovo, e anzi sarebbero il triplo di quest’anno se le cose non dovessero andare così bene.

Infine, guardiamo qual è stata la fine di un campione per molti versi analogo al nostro, Raul Gonzalez Blanco. Nel 2010, a 33 anni, egli è stato gentilmente accompagnato alla porta dai dirigenti del Real Madrid, che non volevano un ingombro nel processo di rafforzamento della squadra. E due anni dopo, al termine della stagione in corso, lo spagnolo lascerà per sempre il calcio europeo. Mese più mese meno, è come se Del Piero fosse stato allontanato dalla Juve nel 2007, e si fosse imbarcato per gli USA nel 2009. Certo, la grandezza del nostro sta anche nella sua longevità, quindi un confronto così netto può essere fuorviante. Però un minuscolo dubbio ce lo lascia: siamo proprio sicuri che sia la società a volerlo mandare via troppo presto, e non lui a voler continuare un po’ troppo a lungo?

Se vorranno mettersi d’accordo, qui festeggeremo e ci godremo un altro anno del nostro. Le amichevoli estive, le brevi apparizioni, le serate ispirate, i gol intravisti, quelli sentiti raccontare, quelli inevitabili. Non ne avremo mai abbastanza. Ma se così non fosse, e dovesse finire qua, ci godremo la festa per un addio che migliore non potrebbe essere.

Non dubito più

Ormai non dubito più. Anzi, me lo aspetto. Tutto andava nella giusta direzione. Il dominio nel primo tempo della Juventus, capace di premere la Lazio nella propria metà campo, spesso nella propria area, grazie a un ritmo di gioco superiore a qualunque altra squadra in Italia al momento. La consueta scarsa vena realizzativa degli attaccanti bianconeri e un prodigioso Marchetti, che avevano limitato a uno i gol realizzati, su quattro-cinque occasioni nitide. (Gol peraltro che sarebbe ingiusto non menzionare: un bellissimo stop e rovesciata di Pepe su assist al bacio di Pirlo, azione che verrà ingiustamente messa in secondo piano da quello che è accaduto dopo.) L’amnesia difensiva al termine del primo tempo, che aveva permesso a Mauri di colpire di testa sul palo lungo su cross di Gonzalez, battendo un incolpevole Buffon. La progressiva diminuzione dell’intensità offensiva della Juventus nel secondo tempo, via via che la barra di energia del tridente Vucinic-Quagliarella-Pepe si riduceva. Le positive ultime prove del nostro, che dopo i gol che abbiamo raccontato in qualche modo, si era messo in luce con un bell’assist a Quagliarella nella partita contro il Napoli e con qualche tentativo volenteroso contro il Palermo.

Quindi, quando intorno al settantesimo Del Piero è entrato in campo, io non dubitavo. Per corroborare il mio stato d’animo, Alessandro si è subito esibito in una progressione da centrocampo che lo ha portato fino al tiro, debole, su sponda di Vidal. Poco dopo si è sostituito a Pirlo, suggerendo a Lichtsteiner una palla d’oro dietro alla difesa avversaria: purtroppo sul centro dello svizzero il classico uomo sbagliato al posto giusto, Chiellini, non è riuscito a coordinarsi.

Quando al 37° della ripresa Pirlo e Del Piero si sono avvicinati alla palla ferma, leggermente spostata verso destra, a venticinque metri dalla porta avversaria, io non dubitavo. Marchetti neppure. Aspettava il tiro di Del Piero sopra la barriera, sul primo palo. La classica traiettoria che tante gioie ci ha dato. Invece, mentre Pirlo ancora questionava con l’arbitro sulla distanza dei giocatori avversari dalla palla, Alex ha pensato bene di tirarla dall’altra parte. Bassa, nel punto in cui i suoi compagni coprivano la visuale al portiere. Mentre la palla rimbalzava a pochi metri dalla linea di porta, Marchetti si era già reso conto dell’errore, Del Piero preparava già l’ennesima linguaccia.

Io pensavo che mi sarebbe toccato scrivere un altro post celebrativo, e spero tanto che non sia l’ultimo della serie.

Non ho visto Alessandro

Il blogger, ormai convinto che Del Piero si trovasse ai margini di quella macchina da guerra chiamata Juventus, si è distratto sul più bello. Dopo aver accampato scuse più o meno valide per essersi perso in diretta il gol in semifinale di coppa Italia, non trova la forza né il coraggio di fare altrettanto per il gol del 2 a 0 contro l’Inter in campionato. Certo, sono tornato a casa che la partita era già iniziata. Certo, Del Piero era in panchina. Certo, l’Inter è inguardabile. Ma lo so, sono indifendibile.

Quindi non ho visto Del Piero entrare al 53′ per un attivo ma inconcludente Matri, l’ho letto sul televideo. E non ho visto Vidal spostare Samuel con una finta e Del Piero scattare nello spazio alle spalle dell’argentino, ho recuperato le immagini solo dopo, in replay. E non ho visto Alessandro segnare con un piatto preciso sul secondo palo, ho solo sentito un tizio di Diretta Stadio urlare “Gooooool! Aleeeeessssaaaaanddrrooooooo”, con una enfasi che chiaramente non gli si addice, ma a cui è obbligato dallo stile della trasmissione. E ho esultato, ma mi sono pure sentito un po’ in colpa. Per qualche minuto, lo ammetto, non ho creduto in Alex. Mi pento.

Chissà se si pentirà anche la Juventus, dopo aver dichiarato con largo anticipo che questa sarebbe stata la sua ultima stagione in bianconero. Secondo me, sarebbe poco serio cambiare opinione solo perché Del Piero ha segnato due gol. Sarebbe quasi una (altra) mancanza di rispetto: cosa si aspettavano, che non fosse più in grado di giocare?

Intanto, quando ormai, lo ammetto di nuovo, non ci speravo più, Del Piero raggiunge Meazza nella specialissima classifica curata solo da questo blog sul giocatore che ha segnato più gol in una sola squadra. E ora ha a disposizione (almeno) dieci partite per migliorare. Non ne perderò mezza, promesso.

Finalex

Così recitava il titolo di Sky Sport 24 intorno a mezzanotte. Ed io non ho colto subito il gioco di parole. Non me lo aspetto più, ormai, di vedere il nome del nostro beniamino inserito tra le grida dei notiziari sportivi. Eppure sapevo che era successo di nuovo, che Del Piero aveva segnato.

Conte lo aveva detto: “È la partita più importante dell’anno, e giocherà Del Piero.” Io, pur scettico dopo le ultime rade e dimenticabili uscite del nostro, mi ero predisposto a guardarla in compagnia, in birreria. All’ingresso, noto con disappunto che la televisione mostra Sky anziché mamma RAI, ma penso sia solo questione di abitudine, e di minuti. Chiedo al cameriere se è possibile guardare Juventus – Milan ed egli bofonchia qualcosa che forse, che ci provano, che il segnale è criptato, che il satellite, che stanno, che insomma, che si vedrà. Mentre su uno schermo lontano vediamo discussioni tra punti esclamativi gialli e barre di avanzamento della sintonizzazione, su quello più vicino a noi ci tocca assistere al solito monologo del Barcellona contro i malcapitati del giorno. A un certo punto arriva un messaggio: “È un fenomeno vero.” Messaggio che sembrerebbe benaugurante, se non fosse stato inviato da un noto torinese e torinista. Le ipotesi si susseguono: avrà segnato lui? Sarà stato serio? Sarà stato ironico? Magari ha sbagliato un rigore? Da lontano, da un luogo in cui incredibilmente si riceve Raiuno, mio padre mi conferma la lieta novella: ha segnato Del Piero. Pochi minuti dopo, le immagini mirabolanti in altissima definizione del Barcellona vengono sostituite con quelle a 3×3 pixel di un disperato streaming di Raisport, che salta ogni dieci secondi. Fortunatamente, tra un buffering e l’altro riusciamo ad intravedere un uomo con il dieci sulle spalle che vince un contrasto a centroarea, riceve palla a pochi passi dalla porta, se l’aggiusta in qualche modo saltando il portiere (che rischio!) e l’appoggia dentro. Poi urla, e noi con lui.

La bellissima serata si completa con la vittoria da parte del mio gruppo, formato da 6 persone, di una “Cena con delitto” per 2 persone, e con un tiro a caso di Vucinic da 25 metri, che regala alla Juve la finale, e a Del Piero la speranza di vincere un ultimo trofeo da protagonista.

Ammazza che salto!

Gol di Del Piero

Ebbene sì. E alla delpiero. Il massimo.

Torna la Coppa Italia, e torna Del Piero dal primo minuto. A differenza dell’ultima apparizione, dove avevo dovuto raccontare 120 minuti pieni del nostro, stavolta i minuti in campo sono stati solo 75, e l’azione meritevole una. Ma l’unica che conti davvero.

Siamo al trentesimo del primo tempo, la Juventus è già in vantaggio per uno a zero. Su una azione di contropiede, Del Piero riceve palla sul centrosinistra a 30 metri dalla porta avversaria. Borriello taglia in profondità suggerendo il passaggio, il nostro prova a servirlo ma purtroppo (così pare) un difensore romanista intercetta. La palla carambola ancora sui piedi di Del Piero, e qui avviene una di quelle cose che manifestano, ma non spiegano, l’essenza del gioco: il campione, pur continuando a rispettare formalmente le regole condivise, cambia il senso di ciò che avviene in campo, portando la partita da un’altra parte. Del Piero ha ancora due difensori davanti a sè, ma con un guizzo si porta la palla avanti verso destra e tira. E’ la sua classica azione, quella che gli abbiamo visto fare centinaia di volte. E sbagliare migliaia, negli ultimi tempi. Questa volta, invece, quando appare ovvio che il pallone finisca a lato, la rete si gonfia, il portiere si guarda smarrito, Del Piero urla di gioia, io pure.

E’ la sua classica azione, eppure è una versione 2012, adattata ad un mondo in cui tutto va più veloce, e certi giocatori sembrano usciti dalla Playstation. L’intuizione della carambola e il controllo di palla appaiono rapidissimi, oserei dire messiani. Il tiro ha la solita traiettoria arcuata, ma stavolta non gira lento, annunciando l’inevitabilità della perfezione. Piuttosto è una saetta, un fendente quasi invisibile; il gol è una ferita che si apre senza che il coltello si insanguini. Un gol alla Del Piero 2.0.

Così la Juventus vince 3 a 0 e passa il turno, contro la squadra capitanata da quello che una cosiddetta giornalista domenica ha chiamato “il più forte centravanti di tutti i tempi” (“dde che?” avrebbe dovuto rispondere). La stessa giornalista che nel 2004, dopo l’uscita dall’europeo, chiese a Del Piero… ma lasciamo perdere, ne parlerò un’altra volta.

Oggi si gode, si canta, è festa, evviva, alè. Oggi è il giorno del gol di Del Piero.

Nemmeno a Natale

Guardare giocare la Juventus e l’Inter in contemporanea è quasi crudele. Gli juventini vanno a velocità doppia. Quando passi sull’Inter ti sembra improvvisamente di guardare una partita anni ’70, con Rivera che stoppa e si guarda intorno, Riva che aspetta la palla davanti e il solo Domenghini che ogni tanto sgroppa sulla fascia. Peccato che Motta e Milito non siano proprio Rivera e Riva, e che il Domenghini attuale abbia ormai 38 anni.

Giusto un anno in più del nostro (chi sarebbe lui in questo giochino, Mazzola?), che oggi ha avuto finalmente una chance da titolare in campionato, dopo una pausa che durava dalla sfida alla quarta giornata col Bologna. È stata una chance sfruttata e sprecata allo stesso tempo, come ormai sta diventando abitudine. Sfruttata perché Del Piero ha dato il suo contributo al 2-0 netto con cui i bianconeri hanno battuto il Novara; sprecata perché non è riuscito a entrare nel tabellino, nonostante alcune occasioni favorevoli, di cui una clamorosa.

Al diciottesimo del secondo tempo, infatti, Pepe si è involato libero sulla destra, eludendo il fuorigioco. Allineata a lui, si vedeva avanzare verso il centro dell’area un’altra figura rosa, che non avvertiva presenza umana tra sé e il portiere avversario. Con i difensori novaresi tagliati fuori, i bonus del fantacalcio per il gol e l’assist sembravano già assegnati rispettivamente a Del Piero e Pepe. Ma proprio quando il piatto destro del numero 10 stava per indirizzare il pallone nella porta sguarnita, un uomo azzurro è giunto in scivolata a negargli la gioia più bella. Il sorriso amaro dell’ultima partita si è trasformato questa volta in una vera e propria risata, ad esorcizzare il digiuno prolungato e la maledizione che non si scioglie nemmeno a Natale.

Tu non ci basti mai

Dopo un inizio di stagione da crisi d’astinenza, ieri sera abbiamo rischiato l’overdose: quasi 130 minuti filati pieni di Del Piero, negli ottavi di finale di Coppa Italia contro il Bologna. Quando al novantacinquesimo minuto Raggi ha trovato il pareggio che mandava le due squadre ai supplementari, l’uomo più deluso in campo era Pioli, il più felice a casa ero io. L’allenatore del Bologna sapeva di affrontare un’altra mezz’ora di gioco utile solo a stancare i suoi in vista dell’impegno in campionato di domenica, io godevo di un prolungamento ormai inaspettato della visione del nostro in azione, con la speranza di assistere anche a un suo gol. Ecco, solo quello è mancato. Ma andiamo con ordine (più o meno).

La partita di ieri sera è iniziata domenica pomeriggio, durante Juventus – Cesena. Sul punteggio di zero a zero, dopo un quarto d’ora del secondo tempo, Conte aveva deciso di concedere a Del Piero più dei soliti 6 o 7 minuti finali. Io mi ero collegato giusto in tempo per gioire dell’inusitato accadimento, quando sento il telecronista dire “ha un taglio profondo alla testa… lo stanno portando fuori in barella.” Il soggetto della frase era il peggiore possibile, dal mio punto di vista. Quasi vittima di una maledizione, Del Piero aveva giocato i consueti 7 minuti e non di più. A mettere fine alla sua partita era stato Marco Rossi in un maldestro tentativo di anticipo, che era terminato in gamba tesa sulla tempia di Del Piero, anziché sulla palla. Otto punti di sutura, notte passata in ospedale, esami fortunatamente negativi, foto messe su Facebook per tranquillizzare. Tutto è bene quel che finisce bene. O quasi, perché la vicenda sembrava escludere Alex dalla sfida di Coppa col Bologna, in cui Conte meditava di farlo scendere in campo dall’inizio, insieme ad altri che regolarmente scaldano la panchina.

Invece, a sorpresa, ottenuto il via libera dai medici, Del Piero si presenta in campo armato di una vistosa fascia a coprire la ferita e di tanta voglia di giocare. La posizione iniziale è quella di esterno a sinistra nel tridente, con Quagliarella centravanti e Krasic a correre sull’altra fascia. Questa collocazione ci permette di vedere una classica azione che mancava da un po’: Del Piero che parte dalla sinistra palla al piede accentrandosi e puntando l’avversario. Sempre una delizia per gli occhi, indipendentemente dal risultato.

Dopo 25 minuti qualcuno dalla panchina fa notare preoccupato a Conte la data di nascita di Del Piero. L’allenatore risponde pronto “2011 meno 1974, c’ha 27 anni, qual è il problema?” “No, guardi mister, forse no, rifaccia il conto” “Aspetta che prendo fuori l’aifon… due-zero-uno-uno-meno-uno-nove-sette-tre… occazzo… come passa il tempo.” Accortosi di aver messo a correre sulla fascia un quasi suo coetaneo, Conte prima inverte Quagliarella con Del Piero, poi li mette sulla stessa linea come attaccanti in un 4-4-2. Il primo tempo è comunque generalmente privo di grandi emozioni e si chiude zero a zero.

È decisamente più vivace la seconda metà di gara. Qui per andare con ordine avrei dovuto prendere appunti, manco fossi un giornalista. Allora mi accontento di alcune immagini: Del Piero che in scivolata mette in mezzo, permettendo a Quagliarella di tirare addosso ad Agliardi e a Krasic di mettere fuori a porta vuota sulla respinta; Del Piero che sbilancia con una furbata il difensore che sta per anticiparlo di testa, per poi sbagliare di centimetri il sinistro rasoterra sul secondo palo; Del Piero che duetta al limite dell’area mostrando un controllo di palla a due piedi come pochi, e poi conclude a giro troppo centralmente; Del Piero che si vede deviare dalla barriera poco sopra la traversa una punizione dalla mattonella buona; insomma, Del Piero, Del Piero, e ancora Del Piero, quel Del Piero che non ci basta mai. Il gol del vantaggio lo trova però Giaccherini, recuperando palla su un rinvio maldestro di Loria e infilando Agliardi da posizione defilata. Siamo al novantesimo, e improvvisamente l’aspettativa di visione di Del Piero si riduce da mezz’ora abbondante ai soli cinque minuti di recupero. Pochi minuti dopo, come detto, ci pensa l’invasato Raggi a mettere le cose a posto e a riconsegnarci un’altra mezz’ora di piacere.

I tempi supplementari vengono affrontati dal Bologna in dieci uomini, a causa dell’infortunio di Pulzetti a sostituzioni terminate. Dieci uomini oltretutto stremati, dopo una partita gagliarda di contenimento e sacrificio. L’assedio juventino è inevitabile. Anche il nome dell’uomo che risolve la partita è inevitabile: quel Claudio Marchisio che quest’anno trasforma in oro tutto quel che tocca. Nei venti minuti restanti si spera ancora nel primo gol stagionale di Del Piero, che non arriva. Anzi, il gol ci sarebbe anche, ma viene annullato per un (giusto) fuorigioco, che il nostro accoglie con un sorriso amaro e consapevole. In realtà alla faccenda del gol sembriamo più attaccati noi che Alex stesso, se è vero che nel restante “garbage time” il nostro, anziché cercare la porta, serve due assist meravigliosi a Giaccherini (di testa) e ad Elia (di tacco al volo), annullati rispettivamente da un fuorigioco inesistente e dall’inesperienza (diciamo così) dell’olandese.

Insomma, nonostante l’occasione fosse propizia, ancora niente gol, e la certezza di tornare ai soliti 7 minuti già da lunedì sera contro la Roma. Ma oggi non ci importa. Oggi non ci importa di niente. Siamo ancora sotto effetto.

Faremo nottata

Entra negli ultimi 10 minuti (quando va bene), viene acclamato, i tifosi sfoderano gli striscioni “Aah come gioca Del Piero” e così rivediamo la linguaccia che amiamo. Si sbatte, ciabatta le rare occasioni per segnare, ci fa ricordare quanto ci mancherà.

Intanto dichiara che non sarà Agnellino a decidere quando finirà la sua carriera. Se vuole un consiglio: Stati Uniti. Gli sono sempre piaciuti, il campionato è di livello basso ma non ridicolo, pagano bene, i figli imparerebbero l’inglese senza sforzo.

Noi, per seguirlo, ci adatteremo.

Buffa & Del Piero

Piperita Patty: “Tu credi che le cose cambino mentre noi invecchiamo, Ciccio?”
Charlie Brown: “Beh, mio padre mi ha raccontato di un cinema molto bello che c’era nel quartiere dove lui era cresciuto… Quando lui era molto piccolo, il cinema sembrava enorme, ma col passare degli anni diventò sempre più angusto”.
Piperita Patty: “Sempre più angusto? Come faceva un cinema a diventare sempre più angusto? Mi stai andando sul filosofico, Ciccio?”
Charlie Brown: “Magari poi viene un momento, quando sei ancora più vecchio, che il cinema ridiventa ampio”.
Piperita Patty: “Alle ragazze non piace quando un ragazzo va sul filosofico, Ciccio”.
Charlie Brown: “Vado a casa… Ho l’impressione che il nostro cortile si stia ritirando”.


Non ho mai avuto la pay tv, né sono appassionato di pallacanestro, e quindi ho scoperto il mito di Federico Buffa solo questa estate, navigando in rete. C’è un gruppo radicato di fan che ha allestito un vero e proprio culto per i racconti sportivi di questo giornalista. Bastano pochi minuti di ascolto, e di comparazione con la fiera delle banalità di cui sono spesso composte le trasmissioni sportive, per capire che questo mito, al netto degli eccessi di cui ogni mito vive, ha ragione di esistere. Per chiarire di cosa sto parlando posto una sua breve chicca su Maxi Moralez, ma l’introduzione al culto prevede di studiare almeno le lezioni sui club argentini, sullo “sciopero” dei calciatori, e su Luis Enrique (in spagnolo).



Il sito ufficiale di Del Piero, per il suo 37° compleanno, ha chiesto proprio a Federico Buffa di fare un breve racconto dedicato al nostro campione. Se volessimo fargli gli auguri saremmo in ritardo, ma, ahimè, mi sa che Alessandro non ci legge. Quindi, anche se è passato qualche giorno, ci limitiamo ad ascoltare il profeta ed imparare qualcosa di nuovo. E intanto proviamo a capire se il campo, per Del Piero e per noi, si stia stringendo o si stia allargando.